La cosa straordinaria e, a suo modo, maniacale, di SAANA è la loro insistenza a far assomigliare quello che costruiscono ai modelli di studio. I modelli di studio, per gli architetti, danno un’idea e suggeriscono una linea di approfondimento del progetto. Per SAANA invece sono l’Architettura. L’evoluzione dal modello all’architettura costruita non è un compromesso (un processo cioé, grazie al quale – o a causa del quale – il modello si adatta alla realtà costruttiva) quanto una ricerca spasmodica della perfetta coincidenza dei due livelli mentali: il costruito mentalmente e il costruito materialmente.
Infatti le architetture di SAANA (Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa) sono spesso – sempre, direi – laconicamente bianche. Come se il colore fosse un accidente, trascurabile per un architetto. O come se la perfezione del modello non potesse essere sporcata da una variazione cromatica. La perfezione è bianca.
Nel caso del Rolex Learning Center di Losanna l’idea è quella di liberare il piano terra per sollevare un manto solido che ospita l’architettura e il contenuto al piano rialzato. E’ come se l’edificio fosse scollato dal suolo e come se questo scollamento fosse un’interpretazione intellettuale del paesaggio montuoso del contesto. I rilievi montuosi quindi non impongono un’architettura morfologicamente sinuosa (non solo), ma forniscono il pretesto per alludere alla varietà altimetrica attraverso il vuoto piuttosto che il pieno: le “montagne” sotto il manto del Rolex Learning Center sono citate grazie ad un vuoto piuttosto che un pieno, e la copertura – anch’essa modulata e modellata – diventa meno precipua, più conseguente piuttosto che vincolante. C’è anche quella, ma è l’assenza, o l’allusione ancora, del piano terra mancante (vuoto) che è il centro del progetto.
Un simile manto – curvo e morbido – è stato studiato strutturalmente dai tedeschi dello studio Bollinger+Grohmann. La richiesta di SAANA era vincolante: il dettaglio doveva scomparire. Non erano ammessi quindi appoggi intermedi, rompitratta, sostegni. Lo spazio vuoto doveva essere continuo, liquido, sospeso. Tecnicamente la sfida era notevole: realizzato in cemento armato (il completamento è previsto per il 2009), il piano terra è coperto da una soletta in cemento armato flessa che appoggia su pochi ciclopici piedi, e che scarica di conseguenza forze prodigiose sul terreno. L’armatura delle zone più tese ha richiesto l’impiego di tondini di 50 mm di diametro, saldati a spesse piastre metalliche che impediscono alle forze statiche – letteralmente – di trasferirsi agli estradossi della soletta squarciandola. Il piano primo, che ospita invece il contenuto vero e proprio, è coperto da un’ulteriore soletta curva, ma ora in struttura metallica posata su colonne. Non ci sono divisioni interne ed gli ambienti interni si sviluppano senza soluzione di continuità.
La perfezione è raggiunta quindi attraverso un dispiego di forze (ed un parimenti prodigioso contenimento delle forze generate) che congela una tensione quasi opprimente: difficile trovarsi sotto quel manto fatto di tonnellate e tonnellate di cemento e acciaio senza percepire il rumore e lo sforzo della struttura, che trattiene il respiro per non collassare.
E’ una perfezione trattenuta, quasi isterica. Apparentemente poco tranquilizzante, ma coincidente con il modello.
Eikongraphia
Rendering Image by Cyrille Thomas
Altre fonti: Arquinoias.